Scrittura e Scritture

di Carmelo Santoro

Agostino nacque nell’odierna Algeria nel 354 d.C. Ricevette una educazione cristiana grazie alla madre, Monica. Il padre, invece, era pagano e volle avviarlo alla preparazione forense e agli studi di retorica. Giunse a Cartagine, neanche ventenne, e cominciò ad assaporare le lusinghe del successo (era un ragazzo brillante) e del piacere, allontanandosi dagli insegnamenti materni.
Pian piano, tuttavia, maturò in lui la necessità di una ricerca interiore più profonda. Si avvicinò alla dottrina manichea, da cui però, deluso, si allontanò ben presto.
La svolta si ebbe con il suo arrivo in Italia. A Roma, forte dei suoi studi di retorica e filosofia, si mise in luce presso gli ambienti intellettuali ed ecclesiastici, tanto che il praefectus urbis Simmaco lo inviò a Milano, con l’intenzione di contrastare la crescente fama del vescovo Ambrogio.
Fu così che Agostino cominciò ad ascoltarne le prediche, con il chiaro intento di rilevarne i difetti in modo da poter relazionare Simmaco. Tuttavia, la Provvidenza aveva deciso diversamente:
“La tua mano (di Dio) mi conduceva a lui (Ambrogio) senza che io lo sapessi, per essere condotto, cosciente, da lui a Te.
Egli, l’uomo di Dio, mi accolse con bontà paterna: da buon maestro accolse il pellegrino. Presi subito ad amarlo, sulle prime, purtroppo, non come un maestro di quella verità che io non speravo affatto di trovare nella tua Chiesa, ma per la sua bontà verso di me. Ero assiduo ascoltatore delle spiegazioni che teneva al popolo, non con lo scopo con cui avrei dovuto, ma quasi per giudicarne l’eloquenza, se conforme alla fama, […] e pendevo dalle sue labbra, attratto dalle sue parole, ma non interessato, anzi alquanto infastidito dall’argomento.
«Lontano dai peccatori è la salvezza», e io ero di quelli. Però andavo avvicinandomi a essa, a poco a poco, senza saperlo.”
L’incontro con Ambrogio segnò per Agostino l’inizio della conversione. La ricerca della Verità lo aveva pian piano portato a comprendere che la verità non è un pensiero, ma una persona: Gesù Cristo.

“Così parlavo e piangevo nell’amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». 
Mutai d’aspetto all’istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte.
Arginata la piena delle lacrime, mi alzai. L’unica interpretazione possibile era per me che si trattasse di un comando divino ad aprire il libro e a leggere il primo verso che vi avrei trovato. Avevo sentito dire di Antonio [sant’Antonio abate, 
ndr] che ricevette un monito dal Vangelo, sopraggiungendo per caso mentre si leggeva: «Va’, vendi tutte le cose che hai, dalle ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi». Egli lo interpretò come un oracolo indirizzato a se stesso e immediatamente si rivolse a Te.
Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell’Apostolo all’atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: «Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo né assecondate la carne nelle sue concupiscenze». Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono”
Agostino venne battezzato da Ambrogio il giorno del Sabato Santo del 387. Nel suo animo rimase sempre la consapevolezza che la Verità che cercava gli era stata a fianco sin dal primo momento
“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con Te. Mi tenevano lontano da Te le tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di Te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.”

Sant’Agostino, Confessiones