Parola e vita

di Pietro Cioli

Riletture della figura di Giuda

Nel 2006 la rivista National Geographic ha pubblicato un ritrovamento paleografico, il codice Tchacos che contiene 4 testi tra cui una malandata versione copta del vangelo di Giuda. Gli editori ritengono che il testo riabiliti la figura del traditore sulla base di una promessa di Gesù, da loro così tradotta: “Ma tu sarai maggiore di loro”. Molti, tuttavia, hanno giudicato fuorviante tale traduzione/interpretazione che alla lettera suona piuttosto come un semplice comparativo: “Tu farai più di tutti loro”, e il cui senso più plausibile parrebbe: “Tu farai peggio”, in continuità con le parole di Gesù nel rispondere a Pilato: “… chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande” (Gv 19,11).
Molte, anche oggi sono le reinterpretazioni letterarie o cinematografiche della personalità di Giuda che prendono avvio dal testo evangelico e assumendosene il rischio, immaginano molto altro. Noi qui ci atterremo a quel che dicono i vangeli, seguendo in particolare Giovanni che gli dedica maggior spazio e attenzione. Ricordando anzitutto che i vangeli stessi costituiscono delle rielaborazioni letterarie fatte per meglio comprendere gli accadimenti storici e la fede che hanno suscitato.
Tutti i vangeli ritengono Giuda responsabile di aver “consegnato” e quindi “tradito” il proprio maestro. Giovanni lo presenta anche in contesti inediti rispetto ai sinottici, come alla fine del discorso del pane e nell’unzione di Maria, sorella di Lazzaro, a Betania. Colpisce molto nel suo racconto la ripetizione, a chiusura del vangelo, della domanda posta nell’ultima cena: “Chi è Signore che ti tradisce?” (Gv 21,20 e 13,25): una ripresa retoricamente di grande effetto che, se da un lato evidenzia il contrasto tra Giuda ed il “discepolo amato”, dall’altro ammonisce chi legge a non dare per ovvia la propria fedeltà di discepolo.

Perché mai Giuda tradisce?

Giovanni suggerisce che Gesù, colui “sapeva cosa c’è nell’uomo” (Gv 2,25), con largo anticipo fu consapevole che proprio uno dei più vicini lo avrebbe tradito: “Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo” Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota, costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici” (Gv 6,70-71). Giuda in questa prima apparizione non è una figura solitaria, ma si staglia sullo sfondo dei molti giudei che contestano il discorso del pane (Gv 6,41. 52) ed anche del più piccolo cerchio di quei discepoli che saranno protagonisti di una defezione di massa (Gv 6,66). Giovanni vede in Giuda il vertice, la forma estrema, di un’incredulità comune a molti e invita i lettori a interrogarsi per scoprire la propria incredulità e l’ipocrisia con cui la nascondiamo. Giuda infatti, sin da allora prese a seguire Gesù solo esteriormente, dissimulando la sua sfiducia ed arriverà a staccarsi apertamente solo durante la cena di addio (Gv 13,30). Anche per questa sua doppiezza egli è indicato come un diavolo, da lui inabitato (Gv 6,70; 13,2.27). Giuda non è poi tanto diverso da quei giudei colmi di volontà omicida che non sapevano riconoscere “di aver per padre il diavolo” (Gv 8,44).
Saper guardare dentro di sé con lealtà, ponendosi in ascolto della parola altrui, di chi ci vuole bene, è decisivo nella vita di un uomo ed ugualmente per i discepoli del Signore.
Anche Simon Pietro fu apostrofato come un Satana (Mc 8,33) e arriverà a tradire, ma il diverso esito della sua vicenda ci testimonia che la suggestione diabolica può essere contrastata e vinta. L’identificazione diabolica è un modo di spiegare la radice profonda dell’incredulità, la menzogna che confonde e toglie forza, rendendoci inermi nel combatterla.

* Il testo è una ripresa sintetica dello studio di R. Vignolo, Giuda il traditore, EDB, Bologna, 2020