Mille colori
di Manuela Stefanoni e Padre Sai
Ho chiesto ad uno dei miei “nipoti” del Pime, padre Sai, di farci conoscere la sua esperienza personale di come e perchè ha scelto di diventare missionario nel mondo. Sono molto affezionata ai ragazzi del Pime, li sento parte della nostra famiglia e imparo tanto ogni volta che li incontro o li sento, sento davvero che il vento soffia dove vuole portarci. Grazie Sai dalla zia!
Ciao a tutti, mi chiamo Sai Prashanth Kumar Manyam ( Sai ), sono sacerdote missionario del PIME e missionario in Messico. Qualche giorno fa Manuela mi ha chiesto di condividere con voi perchè ho scelto di essere missionario e che esperienza è la vita missionaria.
Sono nato in una famiglia Hindu (di religione induista). Nel 1992 il Signore Gesù miracolosamente ha salvato mio papà che era ammalato di leucemia e gli ha dato nuova vita. Con questo miracolo la mia famiglia (i miei genitori, mio fratello e io) è diventata cattolica. Tutto il resto dei miei famigliari è ancora induista. Venendo da questa esperienza di Dio che ci ama, che ci salva, ho sempre avuto desiderio di condividere questo amore di Dio con tutti, specialmente con chi non conosce Cristo Signore, che ci ricorda “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. E cosi nel 2007 sono entrato al PIME per essere missionario, portatore dell’amore di Cristo a tutti.
Ecco, dal 2007 fino a oggi sono passati 14 anni, 9 anni come seminarista missionario e 4 anni come sacerdote missionario. Sono stato in vari posti. I primi 4 anni del seminario li ho passati in India ma in due stati differenti, differenti anche nella lingua, nella cultura e nel cibo. Poi per un anno sono stato nelle Filippine; era la prima volta che uscivo dal mio paese, ho provato emozioni differenti, una cultura completamente differente dalla mia; un modo di vestirsi, parlare, gesti, lingua, cibo tutto nuovo per me.
Poi sono venuto in Italia ancora una volta ho dovuto iniziare tutto da capo; lingua, cultura, il cibo, Per la prima volta ho visto la neve, non sapevo come mangiare gli spaghetti senza tagliarli in pezzi. Poi nel 2017 sono stato ordinato prete e destinato al Messico come missionario. Allora ancora una volta tutto comincia da zero. In Messico però sono arrivato come sacerdote missionario e non più come seminarista, ormai avevo delle responsabilità. I messicani sono molto bravi, molto aperti è un paese molto religioso però come in tutto il mondo anche li ci sono dei problemi; violenza, consumo della droga, povertà etc etc sempre nuove sfide.
Vi dico queste cose perché essere missionario è bello, essere portatore di Gesù agli altri è incredibile, però ci sono anche delle sfide pratiche, quotidiane che ci fanno sentir mancare la famiglia, il nostro paese, i nostri amici, qualche volta ci fa paura
In questi 14 anni con tutte queste esperienze diverse ho sperimentato l’amore di Dio, in ogni momento della mia vita sento che la mano di Dio mi sta spingendo ad andare avanti.
Le parole di Gesù ai suoi discepoli, “non vi lascerò orfani (Gio 14: 18)” ogni giorno stanno diventando veri nella mia vita. Con tanta certezza vi dico questo perché io mi conosco, conosco che cosa posso fare, che cosa non posso fare.
Imparare l’inglese quando sono entrato in seminario, imparare l’italiano quando sono venuto qui, imparare lo spagnolo quando sono andato in Messico, per le mie capacità da solo non ce l’avrei fatta mai. Fortemente credo che lo Spirito Santo che ha soffiato sugli apostoli nel giorno della pentecoste continui a soffiare su di mi e su ogni missionario.
Un missionario deve lasciare i suoi, la sua famiglia, la sua patria e deve andare in altri paesi, però Gesù dice,“Chiunque avrà lasciato case, o fratelli o sorelle, o padre o madre o figli o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto. Mt 19: 29”. Ecco esattamente così, in tutti questi anni Dio mi è stato vicino, mi ha accompagnato, mi ha curato nei miei bisogni tramite tantissimi amici. Mi ricordo dei momenti particolari; quando è mancato mio papà quante persone qui in Italia e in India e nelle Filippine mi hanno chiamato e consolato, quando compivo qualche passo nel cammino del seminario; lettorato o accolitato o diaconato, cosi i miei amici qui in Italia sinceramente erano contenti con me, poi quando sono andato in Messico ogni tanto qualcuno mi chiamava e mi chiedeva come stavo, se avevo bisogno di qualcosa…
Per concludere posso condividere con voi un’esperienza che mi ha toccato molto. Dopo qualche mese che sono arrivato in Messico ancora stavo studiando spagnolo, non parlavo ancora bene. Un giorno ero in chiesa per le confessioni. È venuta una giovane ragazza per confessarsi, ha iniziato a piangere e mi ha detto, “sono incinta, il mio fidanzato mi ha lasciato, siamo poveri quindi mio papà sta insistendo per farmi abortire”. Ho cercato di parlare con i genitori della ragazza. Sono andati via. Dopo qualche mese la ragazza con i suoi e una bimba in braccio sono venuti a trovarmi per la Messa, dopo la Messa si sono avvicinati e mi hanno presentato una bellissima bambina piccolina e mi hanno detto “padre questa è la bambina, ancora adesso abbiamo dei problemi per mantenere la famiglia e mantenere la bambina però ogni volta che vediamo il suo sorriso tutte le difficoltà spariscono e sentiamo che Dio ci vuole bene”. Mi sono molto emozionato, ho baciato la bimba, abbiamo pregato e ringraziato il Signore Gesù. Adesso se mi chiedete di che cosa abbiamo parlato quando la ragazza è venuta a confessarsi la mia risposta è NON LO SO. Non sapevo lo spagnolo bene, ero stato appena ordinato sacerdote, veramente non so che cosa ho detto,
Gesù dice, “non preoccupatevi di come o di che cosa dire perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre che parla in voi, Mt 10: 19,20”, è vero, è il Signore Gesù che parla, il Signore Gesù che lavora, noi tutti siamo suoi strumenti.
Vi auguro buon cammino. Pregate per tutti i missionari e io vi assicuro nelle mie preghiere. Il Signore Gesù ci protegga e Maria Santissima nostra Madre ci accompagni.
Vostro
Padre Sai