Sottovoce

di Maurizio Dell’ Acqua

Mi ricordo di don Angelo che, talvolta, salito all’ambone per l’omelia, cominciava dicendo: «Io, io, io e mi dimentico di Dio!». Non era un rimprovero quello, ma una garbata esortazione.
Era il suo un reale timore che la sua gente, distratta e condizionata dalle vicende della vita quotidiana, perdesse l’abitudine a frequentare la messa e, quindi, a snaturare la fede. Di conseguenza, inevitabilmente, maturasse pure la dannosa convinzione a non ritenere più Dio il fondamentale autore della vita ma, elevando se stessi al vertice di ogni discussione, potessero considerarsi capaci e autosufficienti a far ogni cosa, rifiutando pure qualsiasi tipo di dialogo.
Questo accentramento autoritario, ritenuto fondamentale da tali persone, produce inevitabilmente un danno interiore, morale e psicologico, a volte incalcolabile e sottaciuto, perché stravolge il valore reale di ciò che gli accade intorno e li priva di un requisito importante del vivere sociale che è dato dall’opinione degli altri. Tutto questo ha un nome: si chiama autoreferenzialità.
Gli individui che adottano questo approccio alla vita, volutamente si ritengono di essere davvero dei veri supereroi e, nei casi più esasperati, perfino l’ultimo esemplare vivente.

Innanzitutto evitano di ascoltare chicchessia, perché, sicuramente, altro non possono portare che danno. La ragione è, e deve essere ad ogni costo, una sola: la propria. Tutto deve svolgersi secondo quanto da loro stessi viene stabilito. Questo richiudersi in se stessi alla fine provoca un isolamento sociale, perché non sempre sarà possibile che tutti accetteranno la loro indiscutibile decisione. Accadrà quindi di trovarsi in condizioni svantaggiate e questo potrà tradursi in un accanimento sulle proprie posizioni, fino alla rottura dei rapporti sociali, con l’inevitabile declino della propria reputazione.
Il tema della autoreferenzialità era molto caro al papa emerito Benedetto XVI. In molte occasioni e in svariati ambiti ha dibattuto su quanto fosse grande il danno provocato dall’atteggiamento autoreferenziale, anche nell’ambito ecclesiale.
Ma è stato papa Francesco a contestualizzare il concetto di autoreferenzialità. In uno dei primi anni del suo pontificato, era il settembre del 2014, in un’omelia a Casa Santa Marta, disse testualmente: «La vita cristiana non è autoreferenziale, ma è dono» e poi, di seguito, aggiunse: «Questa è la novità del Vangelo: fate del bene e prestate senza sperare nulla. Senza interesse e la vostra ricompensa sarà grande».