Parola e vita

di Laura Poiret

Pur nata in una famiglia praticante e cresciuta in oratorio, devo ammettere di aver “riscoperto” la figura di Maria solo in età adulta. Per tanta parte della mia infanzia e giovinezza, le devozioni mariane e la preghiera del rosario avevano il sapore di un tempo passato: appartenevano alla generazione dei nonni, e segnavano la mia esperienza di luoghi particolari dalle tradizioni ancora tutte radicate nelle festività dedicate alla Madonna, come il piccolo paese dove trascorrevo le mie estati. Partecipare alla recita del rosario era per me assecondare un uso, una tradizione nella quale la ripetitività delle formule e le litanie pronunciate ancora in latino rappresentavano un non senso che mi allontanava dal pormi in dialogo con quel volto il cui sguardo da sempre era posto a vigilare prima la mia culla e più tardi il mio letto. L’incontro, quello vero, per me è accaduto più tardi, ormai sposata e immersa nell’esperienza di tre maternità ravvicinate. Quasi per caso, grazie a quella che il mondo chiama coincidenza, ma che un sentire più attento e profondo riconosce essere una carezza della Provvidenza, era entrato a far parte della mia vita in quegli anni un amico, un anziano Padre appartenente all’ordine dei Servi di Maria. Veniva da lontano e ogni mese trascorreva a Milano qualche giorno ospite presso giovani famiglie che accompagnava nella vita di fede. Divenne il mio assistente spirituale e quelle giornate che trascorse ospite a casa mia tra le mille incombenze da svolgere nel prendersi cura dei bambini e del lavoro, furono un’occasione preziosa che mi permise di riconoscere nella sua discreta presenza una compagnia profonda fatta di semplici gesti, di preghiera e di condivisione. Fu in lui che scoprii un modo tutto diverso di porsi in relazione con Maria. Padre Flaviano, questo era il suo nome, si riferiva sempre a Lei chiamandola “La Dolcissima” e nel nominarla non mancava mai di farla sentire presente nelle diverse circostanze di vita. Lui, che aveva sperimentato da piccolo la perdita della mamma e l’esperienza di essere cresciuto da sorelle molto più grandi di lui, aveva maturato nella sua vita di fede una capacità di affidamento totale e fiducioso, aveva costruito il suo rapporto filiale con la Mamma Celeste connotandolo di una sensibilità ed affettività che lo rendeva vitale e soprattutto che faceva di Maria un’interlocutrice viva e presente della sua spiritualità.

La presenza costante della Dolcissima in lui modellava e dava forma alla sua capacità di accogliere, di ascoltare, di custodire ed offrire. E’ così che la maternità di Maria è giunta fino a me in tutta la sua forza generativa. Io giovane mamma a tratti sopraffatta dalle fatiche e dai timori, ho in lui assaporato la bellezza di saper accogliere i sacrifici e le ferite come anche i dubbi e le fragilità guardando a Lei, alla Mamma Celeste viva e presente in tutta la sua umanità resa straordinaria da un sì pronunciato una sola volta, ma confermato nel silenzio del suo cuore in ogni momento della sua vita. Il tempo di Natale, appena trascorso, mi pone sempre in contemplazione dell’immagine di Maria dall’Annunciazione alla grotta di Betlemme e ciò che mi affascina ed al tempo stesso mi interroga è il Suo rapporto con la Parola. Maria è piena della Parola ancor prima di concepire la Parola.Di fronte all’Angelo Gabriele è sorpresa, ma non è estranea a quella Parola e più tardi nel Magnificat rilegge la sua storia personale, ciò che di straordinario le è accaduto, alla luce della Parola di Dio che le ha svelato la storia della Salvezza. Il silenzio di Zaccaria nasce dall’aver inizialmente dubitato della possibilità che la Parola potesse incontrarsi ed avere a che fare con la sua vita: un conto è conoscere la Parola, studiarla anche riconoscerne l’autorevolezza, tutt’altra cosa è permetterle di plasmare e fecondare il nostro sentire e il nostro modo di leggere la realtà a partire da quanto accade ogni giorno nella nostra vita. In Maria invece l’accoglienza della Parola genera gioia lode e benedizione. Guardare a Maria allora per me è prima di tutto desiderare quella sua stessa familiarità con la Parola di Dio e vivere la certezza di appartenere ad un disegno di Salvezza che rende grande ogni gesto ed ogni momento della mia vita anche quando non è facile riconoscerlo. La “Dolcissima” accompagni sempre i miei passi e mi insegni a custodire nel cuore la gratitudine per un amore grande ricevuto e mai meritato!